Enciclopedia d'Arte Italiana
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ORRU` GIAMPIETRO



Eclettico personaggio del panorama culturale sardo Gianpietro Orrù è insieme pittore, scultore, uomo di teatro e organizzatore di eventi. (…) Fonda il gruppo teatrale d’avanguardia Fueddu e Gestu approfondendo sempre più l’aspetto antropologico tra passato e presente.
Questo fattore antropologico rimane sempre presente nella sua poetica: quando egli intaglia, modella e dipinge. A dire il vero la sua è una pittura in lato sensu perché non è necessariamente fatta di pennelli e di spatole, crea delle opere utilizzando l’Oggetto Trovato, inserendo nel quadro, in combinazione, elementi organici, plastiche, legni combusti e tessuti. Scrive spesso sul quadro dei connettivi o parole complete in limba e solo alle fine usa l’acrilico.
I suoi lavori sono decostruiti perché palesano la struttura interna del quadro. Sono archeologici, come ama dire, perché sono scavati sulla superficie ed evidenziano i vari strati della struttura.
Sono delle situazioni visive costruite con materiali di recupero, i quali, una volta inseriti nel quadro, si rappresentano ontologicamente, nella loro vera sostanza, come elementi naturali (foglie, ossa), scarti industriali o della vita quotidiana (plastiche di varia origine, legni combusti, pezzi di ferro), ma hanno anche la forza di cambiare di significante e diventare gli stilemi di una nuova pittura che combina fattori distanti tra loro..
La bravura di Giampietro sta quindi sia nel fatto di coniugare la storia del territorio con le tradizioni popolari, col Mito e con l’arte contemporanea, con riferimenti, non solo tributari, ma consapevoli, alla neoavanguardia e al decostruttivismo, sia nel legare tutto questo in una realizzazione estetica che funziona ideologicamente e formalmente. E il pensiero, l’idea che sta dietro al quadro, si tramuta in opera d’arte.
Opere anche didattiche perché, con l’azione di scavo, palesano la struttura interna del quadro mettendone in luce la (de)costruzione e mettono in risalto l’atto processuale mostrando l’azione, il gesto che l’artista compie quando crea.
Se in pittura egli e materico e complesso, nella scultura è sintetico e lineare, almeno nelle Argie.
L’Argia è un ragno (o insetto) della tradizione popolare sarda, imparentato idealmente con la tarantola e con gli scorpioni del Messico e del sud degli Stati Uniti; esso possiede, nel senso che ruba le anime, e fa danzare convulsamente la vittima che ha punto.(…) Spieghiamo innanzitutto come sono fatte le Argie: sono originariamente rami di palma da dattero, essiccati e scarnificati tanto da sembrare cuoio antico, di colore verdastro; assemblati a gruppi di quattro, cinque o sei pezzi, che diventano le zampe e il collo-testa di animali, piccoli o enormi che pascolano vivono singolarmente o in branco.
Lisce, filiformi e sinuose, articolate nello spazio, queste sono il contraltare della pittura di Gianpietro Orrù.
La terza matrice dell’arte di Gianpietro Orrù è sempre antropologica, si lega ancora alla tradizione storico/mitologica della Sardegna ed è costituita dalle maschere. In questa sua ricerca egli si muove in almeno tre diramazioni e non necessariamente in ordine gerarchico:
la prima è frutto della sua formazione nel campo delle arti visive che l’ha portato ad essere scultore e pittore;
la seconda è di matrice antropologica, ma mischia l’approccio etnografico analitico e razionale col metodo mitico, con quello a cui credevano i nostri antenati;
la terza riguarda la rappresentazione teatrale in tutte le sue manifestazioni.
Ma possiamo anche aggiungere che egli propone un’interpretazione storica e filologica della maschera che travalica il mero contesto isolano e – come fa per l’Argia – si collega al patrimonio etnografico universale.
E, come nella pittura, anche qui v’è il concetto di scavare, intagliare.
Le maschere sono oggetti di scena, ma anche piccole opere d’arte che possono vivere una dimensione propria come elementi estetici, anche quando vengono decontestualizzati, cioè posti al di fuori dell’ambiente che li dovrebbe riguardare direttamente in quanto scenici.
Possono avere un solo corno laterale o bocche metà chiuse e metà aperte in un ghigno sardonico, beffardo e orribile, non sono speculari o simmetriche perché sono direttamente originate dalle nostre tradizioni, quando tutto il mondo era barbaro; un po’ sarde un po’ surrealiste, un po’ Mamoiada un po’ Jarry.
Le maschere sono destrutturate e riassemblate con legno, ossa e cuoio, materiali tratti dalla tradizione che si autodefiniscono in quanto tali, ma che sono pur sempre, una volta lavorati dall’artista, stilemi, come del resto egli ha già concepito in pittura. (…) O, come avrebbe detto Pierce nella sua tassonomia dei segni le maschere sono indici perché come volevano i latini e i giapponesi maschera vuol dire persona.
Arte selvaggia o barbarica che però ha avuto una rivalutazione aulica proprio nel Protosurrealismo di Alfred Jarry o nel secondo surrealismo di Asger Jorn quando rinasceva la pittura contemporanea europea sulle basi dei miti popolari scandinavi partendo proprio dalle maschere funerarie dei Guldrubber danesi.
Joseph Kosuth diceva che l’artista è come l’antropologo; Giampietro Orrù ne conviene e, in più, rilancia: l’artista è come l’archeologo in quanto per conoscere gli usi dei popoli lo studioso deve scavare. Deve rimuovere tutte le stratificazioni che il tempo cronologico e il luogo comune hanno posto sull’operato dell’uomo per svelare gli effettivi significati e comprenderne le testimonianze e il patrimonio iconografico.
Massimo Antonio Sanna


QUOTAZIONI *
*Quotazioni riferite dall’Artista
DA €. 1.000 A €. 5.000 in funzione della tecnica e delle dimensioni.



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PHOENIX (legno scolpito)
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ARJAS ( legno scolpito)
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MUFLONE (pero e cuoio)
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LA FAME (sughero)
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GIAMPIETRO ORRU` Ph Graciela Iturbide
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MURAS 100x70 (Tele strappate su legno)
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SPARGAMOS 100x70 (Smembramento) tele strappate su legno
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LUNA ALFABETHUS 100X70 ( Tele strappate su leno)
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CADUTA DEL CLOWN 100X70 (Tele strappate su legno)
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STRA-ACTU 65X80 (Legno)
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IN-FUNDUS 55x55 ( Ferro)

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